Quanto ci costa la crisi di governo, dallo spread alle forniture di gas
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni. Lo scenario non è dei migliori anche perché, forse per la prima volta nella storia d’Italia, le sorti del nostro Governo giocano una parte importante nella geopolitica mondiale. Molti sono gli equilibri che cambiano con la decisione di Draghi; idealista/news ne ha parlato con Maurizio Mazziero, consulente e fondatore di Mazziero Research, per capire quanto ci costa davvero la crisi di governo.
“Innanzitutto Mario Draghi è oggi una figura di garanzia per i partner internazionali e per i mercati, – spiega Mazziero. – Chiaramente mettere in discussione la sua carica di fatto significa mettere in discussione anche questo ruolo di garante internazionale. L’Italia potrebbe tornare alla sua parte di Paese poco affidabile che aveva prima di Draghi e questo potrebbe in effetti avere riflessi sullo spread”.
Cosa può significare oggi un aumento dello spread?
Va detto che lo spread non determina la sostenibilità o meno del debito italiano, in quanto si tratta solo del differenziale tra il rendimento del Btp italiano a dieci anni e del titolo corrispondente tedesco. Ciò che lo spread rappresenta è la misura del rischio del debito italiano rispetto al riferimento tedesco. Ma di per sé lo spread non cambia nulla relativamente a quanto il debito sia sostenibile. Per assurdo se il rendimento del Btp restasse costante ma quello del bund tedesco si abbassasse, lo spread cambierebbe, ma l’esborso di interesse sul Btp italiano resterebbe invariato. Quello che invece va guardato per capire il costo del debito italiano è, appunto, il rendimento dei titoli di Stato che in effetti è in aumento per una serie di ragioni. Ciò significa che ormai siamo usciti dagli anni del rendimento vicino allo zero, e questa è una tendenza mondiale, non solo italiana, seguita al fatto che le banche centrali stiano aumentando i tassi di interesse per contrastare l’inflazione.
Quali sono le conseguenze dell’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato?
Rispetto allo scorso anno abbiamo avuto un aumento del 2,5 per cento circa (oggi siamo intorno ai 3,40-3,50 contro lo 0,80 dello scorso anno). Per capire il maggiore costo che questo implica per l’Italia basti dire che ogni aumento dell’1 per cento sui rendimenti dei titoli di Stato si può quantificare circa in 2,5-3 miliardi annui di maggiori interessi pagati. Quindi un aumento del 2,5 per cento sui rendimenti, oggi, significa una spesa dai 6 agli 8 miliardi in più. Il problema è che questi fondi non sono disponibili nelle casse dello Stato, che nel Def ha stanziato solo fino a 5 miliardi per ripagare i maggiori interessi sui titoli di Stato 2022; parte della spesa resta dunque scoperta. Tenendo conto che ogni mese scade qualche tranche di titoli di Stato, che questi titoli vanno remunerati, e che ogni volta lo saranno a condizioni diverse, lungo tutto il loro periodo di durata, tutto questo significa che i maggiori interessi non sono una tantum, ma una spesa che ci porteremo avanti per anni.
Cosa significa questo per le casse dello Stato?
Si tratta di una spesa improduttiva, perché gli interessi sono remunerazione pura di un prestito, non sono investimenti che ritornano sotto forma di valore prodotto. Questo significa che il debito si alza sempre più ma non si crea prodotto, il che richiede emissione di ulteriore debito, a rendimenti sempre maggiori, in una spirale non certo positiva. A ciò si aggiunga che da luglio non avremo più l’appoggio della Bce con il suo acquisto massiccio di titoli di Stato. Questa settimana avremo poi un ulteriore aumento dei tassi. Insomma, le incognite davanti a noi sono moltissime e una crisi di governo in questo momento non ci voleva proprio.
Se Draghi si dimette, cosa succede alle forniture di gas?
Draghi ha portato avanti una serie di accordi di fornitura di gas, di cui l’ultimo in Algeria. La partita in questo senso è cruciale non solo per l’Italia ma anche per l’Europa, perché molto probabilmente l’Italia diverrà una sorta di punto di raccolta del gas proveniente dal sud (Algeria, Qatar ecc.) per poi ridistribuirlo ai Paesi europei. Questi accordi ormai sono fatti e non dovrebbero essere messi in discussione. Tuttavia occorrerà capire con quali tempistiche tali forniture verranno rispettate, dato che già ora si registrano dei ritardi.
Quali le conseguenze invece delle dimissioni di Draghi sul costo del gas?
L’aspetto del possibile tetto al prezzo del gas già di per sé mi lascia perplesso perché non vedo come si possa imporre un prezzo a chi lo vende a fronte del rischio di non poterlo acquistare e restare senza. Ad ogni modo, la presenza di Draghi poteva fare da collante tra gli Stati che richiedessero un limite massimo al prezzo del gas; mancando Draghi, diventa molto più probabile che questo fronte comune si disgreghi e che ogni Stato inizi a cercare accordi one-to-one per scongiurare, appunto, il pericolo di arrivare all’inverno senza gas. Del resto già qualche cedimento si è visto da parte della Germania in questo senso. E non è nemmeno detto che il gas russo, bloccato alla porta, non rientri dalla finestra, proprio dai Paesi con i quali abbiamo stretto accordi di approvvigionamento, i quali possono acquistarlo dalla Russia e poi rivenderlo all’Europa, a prezzi superiori.
Se cade il governo Draghi le riforme attuate finora saranno a rischio?
Il cambio di governo potrebbe porre a capo del nuovo esecutivo qualcuno che potrebbe mantenere come far saltare le riforme messe in campo finora. Questa incertezza è rischiosa non solo dal punto di vista interno, ma anche vista dall’estero: fuori dai confini italiani si vede un sistema politico ed economico che si reggeva in virtù della figura di garante di Draghi, figura che ora viene meno e non si sa da quale alternativa altrettanto forte possa essere rimpiazzata. La percezione quindi è quella di un possibile ritorno ad una situazione in cui l’Italia vada fatta oggetto di attenzione da parte di Bruxelles per la gestione dei propri conti. Come sappiamo i mercati penalizzano l’incertezza, quindi il fatto che ci sia questa luce sull’Italia ora come ora non è positivo per come il nostro Paese viene percepito, e si aggiungerebbe a tutte le dinamiche sopra descritte.